L’ultimo balzello che gli italiani pagheranno per accedere alla giustizia e fare una causa servirà a finanziare il processo civile telematico che, al contrario, doveva servire per ridurre le spese della giustizia.

Non si ferma l’aumento del contributo unificato, la “tassa” da pagare per iniziare i processi. E questo vale per tutti e tre i gradi di giudizio.

Lo scorso 25 giugno è infatti arrivato l’ultimo ritocco, l’ottavo in dieci anni. Lo ha introdotto il decreto legge sulla pubblica amministrazione [1], per finanziare l’arrivo del tanto criticato processo civile telematico che, a sua volta, doveva invece comportare delle riduzioni dei costi per la giustizia. Contraddizione? Preordinato disegno del legislatore di disincentivare l’indiscriminato uso del processo? Fatto sta che l’ultimo aumento (l’ottavo in 10 anni: quasi uno all’anno) è addirittura del 15% in più: un aumento che il cliente vedrà direttamente nella parcella presentatagli dall’avvocato (visto che, di norma, è il professionista a farsi carico di pagare il contributo unificato).

Ma, rispetto ai valori di dieci anni fa, oggi l’accesso alla giustizia può diventare più caro anche del 700%. A far schizzare verso l’alto gli importi, in particolare, è il raddoppio del contributo unificato che ha debuttato un anno e mezzo fa per le impugnazioni e i ricorsi per Cassazione, se vengono respinti o dichiarati inammissibili o improcedibili.

Per farci un’idea dell’ultimo aumento, prendiamo in considerazione una delle cause più frequenti: la domanda di risarcimento fatta dalla vittima di un incidente stradale. Prendiamo il caso di un sinistro grave, con una richiesta di danni per 120mila euro. Dieci anni fa, per presentare la domanda in tribunale, era necessario pagare un contributo unificato di 414 euro. La stessa “tassa” oggi è di 759 euro, oltre l’80% in più. La situazione, poi, peggiora se si decide di fare appello (da 414 euro si passa oggi a 1.138,50 euro: il 175% in più) e ricorso per Cassazione (oggi 1.718 euro, pari a quattro volte in più rispetto a 10 anni fa).

Il conto sale ancora se l’impugnazione viene respinta per intero o se è dichiarata inammissibile o improcedibile: in questi casi, oggi si arriva a pagare 2.277 euro per l’appello e 3.236 euro in Cassazione, cioè, rispettivamente, il 450% e il 680% in più rispetto a dieci anni fa.

Il contributo unificato ha debuttato, dopo alcune proroghe, il 1° marzo del 2002. In pratica, è un importo a forfait, da pagare all’inizio della causa, che sostituisce le tasse e i bolli richiesti in passato in diverse fasi del processo. La somma da versare è collegata, in genere, al valore del procedimento, anche se per alcuni giudizi è stabilito un importo fisso.

Negli ultimi anni, inoltre, il contributo unificato è stato “appesantito” per le impugnazioni. La legge di stabilità del 2011, infatti, l’ha rincarato della metà per gli appelli e l’ha raddoppiato per i ricorsi in Cassazione. Ancora, dal 2013, sono diventate più costose le impugnazioni che non vanno a buon fine: se la domanda è respinta per intero o è dichiarata inammissibile o improcedibile, chi l’ha proposta deve versare un contributo unificato doppio.

Le altre tasse

In verità, il contributo non ha del tutto “unificato” tutte le tasse processuali. Oltre ad esso ce ne sono di ulteriori, come l’imposta fissa di registrazione dei provvedimenti giudiziari (200 euro), l’anticipazione forfettaria che, da 8 euro è appena passata a 27 euro.

Nuovi e imminenti ricari

Alla processione degli aumenti si è affacciata però anche qualche riduzione. L’ultimo aumento del contributo unificato è stato infatti introdotto per finanziare gli incentivi all’utilizzo degli strumenti telematici. Così, dal 25 giugno scorso è scomparso il diritto di copia se questa viene estratta in formato digitale anziché cartaceo. Ed è sparita anche l’imposta di bollo per chi notifica gli atti online.

Questi “sconti”, però, aprono la porta anche a futuri rincari. Il Dl 90, infatti, incarica il ministero della Giustizia di monitorare il calo delle entrate: se questo supererà le previsioni, il ministero potrà aumentare il contributo unificato per ripianare i conti. Si tratta di un meccanismo che non convince l’ufficio studi della Camera: di fatto, la materia viene “delegificata”, cioè affidata a un atto ministeriale, senza che sia introdotto un tetto all’aumento. Resta da vedere, quindi, se il via libera ai futuri ritocchi supererà l’esame del Parlamento.

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