La palestra fatta in casa diventa reato (se si disturbano i vicini)

Il maniaco del tapis roulant, si allena per mantenersi in forma. Ma occhio a non abusare.

Rumori, disturbo della quiete e la Cassazione: la storia infinita. Sembra senza fine il rapporto tra la Cassazione ed il reato di cui all’art. 659 cod. pen. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone), considerato che a meno di un mese da una precedente pronuncia in materia il Supremo Collegio è dovuto tornare a pronunciarsi nuovamente su fatti pressoché identici a quelli già trattati: infatti, dopo esserci occupati di pianoforti e cani molesti , nel mese di marzo i giudici di Piazza Cavour avevano condannato i genitori di bambini per nulla educati ed anzi irrispettosi dell’altrui riposo. Ma la lezione, a quanto pare, non è servita tant’è che sulla questione è ancora opportuno fare chiarezza e l’occasione, come accennato, è giunta molto presto, il 24 aprile, data del deposito della pronuncia di legittimità n. 17725.

Non ogni rumore è reato. A differenza del caso deciso a marzo però, la Cassazione in quest’occasione non solo ha assolto l’imputato ma ha anche e soprattutto corretto una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Pescara che in primo grado aveva condannato un amante del fitness fai da te il quale si dilettava a correre in casa utilizzando un comune tapis roulant: tale aggeggio, però, infastidiva gli inquilini del piano di sotto i quali, stanchi delle vibrazioni e del rumore provenienti dall’instancabile corridore, lo avevano appunto denunciato per il reato di cui all’art. 659 cod. pen..

Questi, con la celerità che gli è propria, non ha perso tempo e senza passare per il vaglio della Corte di Appello si è rivolto direttamente alla Cassazione perché lo assolvesse da ogni colpa, sostenendo che le vibrazioni del proprio tapis roulant non provocassero un rumore tale da configurare disturbo.

Il ricorrente, inoltre e giustamente, lamentava che il Tribunale non aveva verificato se il presunto rumore costituisse disturbo per un numero indeterminato di persone.

L’inesistenza del disturbo non esclude il reato. Ma la mancanza di disturbo di più persone sì. Il ricorso del salutista inquilino è stato accolto e lo stesso è stato quindi assolto dai fatti imputatigli ma ciò non per la mancanza (di prova) dell’effettivo disturbo, bensì per l’incapacità del potenziale fastidio di recare disagio a più persone: i Supremi Giudici, infatti, ricordando una massima di una decina di anni addietro (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 40393/2004) hanno ribadito che la contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen., quale reato di pericolo, si consuma indipendentemente dall’effettivo verificarsi della condotta incriminata (il disturbo), poiché quel che occorre è “la sussistenza della idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 14425 del 24/04/2014).

L’elemento fondante la contravvenzione in questione, quindi, non è il disturbo in quanto tale (esso può esistere o meno) ma la sua potenziale esistenza e soprattutto la sua capacità ad arrecar fastidio ad un numero indeterminato di persone.

Nel caso in esame il Tribunale, decidendo frettolosamente la questione, aveva in effetti omesso di accertare l’esistenza di tale potenzialità che la Cassazione ha invece escluso, senza il compimento di nessuna particolare indagine ma riscontrando un semplicissimo elemento di fatto: la mancanza di inquilini negli appartamenti attigui.

Ed invero solo l’appartamento sottostante era abitato (quello del denunciante), mentre, come si legge nella sentenza, “gli appartamenti adiacenti a quelli del ricorrente non erano abitati” (Cass. Pen., sent. n. 17725/2014): tale situazione rende di fatto impossibile quella “diffusività del rumore” che è elemento fondante del reato contestato ed in difetto del quale la contravvenzione non potrà essere addebitata.

Tanto rumore? per nulla. Ricordando quanto affermato giusto un mese prima, occorre ribadire infatti che “deve ricorrere una situazione di oggettiva e concreta idoneità dei rumori ad arrecare disturbo alla totalità o ad un gran numero di occupanti del medesimo edificio, oppure a quelli degli stabili prossimi: insomma ad una quantità considerevole di soggetti. Soltanto in tali casi potrà dirsi turbata o compromessa la quiete pubblica” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 12939 del 19/03/2014). Ciò poiché “i rumori devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone”, come evidenziato qualche anno prima dalla stessa Cassazione (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 47298 del 29/11/2011).

Quindi concludendo, poiché “per affermare la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 659 c.p. è necessario procedere all’accertamento della natura dei rumori prodotti dal soggetto agente e alla loro diffusività, che deve essere tale da far risultare gli stessi rumori idonei ad arrecare disturbo ad un numero rilevante di persone e non soltanto a chi ne lamenta il fastidio” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 3348/1995) e considerato che nel caso in esame è avvenuto esattamente il contrario, in quanto non si è raggiunta la prova di tale diffusione ed anzi sono stati accertati elementi (la non occupazione degli appartamenti adiacenti a quello dell’imputato) che oggettivamente fanno ritenere sussistente una situazione opposta, non potrà condannarsi l’amante della corsetta domestica per i rumori pur potenzialmente producibili dal proprio tapis roulant, in quanto questi, ove presenti, disturberebbero un solo individuo e non quel necessario “numero rilevante di persone”.

Di avv. Mauro  Blonda

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