Vai vivere nell’immobile abusivo? Ecco cosa succede.

Andare a vivere nell’immobile abusivo non ne prova l’ultimazione. La prescrizione del reato inizia a decorrere solo dalla effettiva ultimazione dei lavori

Vai vivere nell’immobile abusivo? Ecco cosa succede. Sette mesi di carcere e ben 45.000 euro di ammenda da pagare: questa è stata la condanna inflitta ad un signore leccese che aveva realizzato abusivamente un immobile di 3 vani, per complessivi 55 mq, in area sottoposta a vincolo paesaggistico. La difesa dell’imputato non convince nessuno: né il Tribunale di primo grado, né la Corte d’Appello di Lecce, né infine la Cassazione ritengono ultimati i lavori abusivi, anche se l’imputato lo occupa e vi ha intestato alcune utenze. (Chi risponde dell’abuso edilizio? L’usufruttuario o il nudo proprietario?)

Con la sentenza n. 48002 del 20 novembre scorso, infatti, la III Sezione Penale del Supremo Collegio ha rigettato il ricorso e chiarito che la rifinitura solo esteriore dell’immobile non basta a far ritenere conclusi i lavori di costruzione, se, come nel caso in esame, esso è “mancante degli infissi, degli impianti elettrici e dell’imbiancatura” (Cass. Pen., Sez. III, sent. N. 48002 del 20/11/2014).

Ma allora quando i lavori possono ritenersi conclusi? Quindi allacciare l’acqua e trasferirsi nell’immobile non dimostrano l’ultimazione della sua edificazione?

Sembrerebbe proprio di no: tali attività costituiscono sicuramente un indizio ma non una sufficiente prova del completamento dei lavori poiché, come indicato dalla stessa Cassazione qualche anno fa, “deve ritenersi ultimato solo l’edificio concretamente funzionale che possegga tutti i requisiti di agibilità ed abitabilità” (Cass. Pen., Sez. III, sent. N. 40033 del 18/10/2011).

E tale non può certo definirsi un’abitazione priva di finestre.

Infatti “l’uso effettivo dell’immobile, se pure accompagnato dall’attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente al fine di ritenere “ultimato” l’immobile abusivamente realizzato, coincidendo l’ultimazione con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi” (Cass. Pen., Sez. III, sent. N. 39733 del 18/10/2011).

L’importanza della data di ultimazione dei lavori nei reati permanenti. Quelli edilizi sono reati permanenti, reati cioè i cui effetti non si arrestano se non con l’esaurimento totale dell’attività abusiva o con la cessazione della condotta per qualsiasi altro motivo (Cass. Pen., Sez. III, sent. N. 28934 del 26/03/2013): tale principio è importante per determinare il tempo entro cui si prescrive il reato poiché nei reati permanenti il corso della prescrizione non inizia a decorrere se non cessa la permanenza (art. 158 cod. pen.).

Ciò significa che nei reati edilizi la prescrizione non inizia a decorrere se non termina l’attività di realizzazione dell’immobile abusivo: è solo da questo momento, quindi solo da quando l’edifico è completo di rifiniture interne ed esterne, quando sono quindi ultimati gli intonaci sia interni che esterni, quando sono stati installati gli infissi che potrà iniziare a conteggiarsi il termine utile a prescrivere il reato.

Diversamente, ove cioè la struttura sarà ancora in costruzione, il reato non potrà ritenersi consumato e la sua prescrizione non maturerà. =>Pericolosità dello stabile abusivamente realizzato.

Un solo abuso, tanti reati: quando le violazioni avvengono in aree protette. È inoltre possibile che con una sola attività edificatoria abusiva si commettano più reati, tutti concorrenti tra loro, e si venga per ciò puniti con una pena maggiore, frutto del cumulo delle singole pene inflitte per i singoli reati commessi.

È il caso dei reati edilizi commessi in aree sottoposte a speciali tutele e vincoli paesaggistici, la cui disciplina non è inserita nel D.P.R. 380/2001 (T.U. sull’edilizia) ma in specifiche norme quali, ad esempio il D. L.vo 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e la L. 394/1991 (legge quadro sulle aree protette). Quando gli immobili abusivi sono realizzati in zone protette da specifiche leggi di tutela ambientale, artistica o paesaggistica i reati edilizi si aggiungono a quelli ambientali, essendo diversi i beni giuridici tutelati dalle diverse norme violate: l’una norma non assorbe le altre e la sanzione prevista dall’una non assorbe quelle previste dalle altre.

Quindi si applica quanto prescritto nei singoli testi di legge, tant’è vero che, ad esempio, “per la realizzazione di interventi, opere e costruzioni in aree protette (ad esempio parchi nazionali, regionali e riserve naturali) occorrono tre distinti ed autonomi provvedimenti: il permesso di costruire, l’autorizzazione paesaggistica e, ove previsto, il nulla osta dell’Ente parco” (Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 20738 dell’11/03/2003).

Allo stesso modo si applicano anche le singole sanzioni previste in ciascuna delle norme di riferimento, cumulandole tra loro.

di Avv. Mauro Blonda
Fonte: www.condominioweb.com

 

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